Sarajevo concert hall

Lo spazio immateriale e pure compiutamente presente del Monolite disegna esattamente una sorte di enclave: sospeso su un movimento dell’area di base che mantiene l’impronta del Suono, della Parola Originaria esso non è destinato a delimitare a concludere o escludere, quanto piuttosto ad organizzare, (come le canne di un organo) il Tempo di quanti si apprestano a respirarlo. La proiezione della forma geometrica antica e astratta si rende visibile solo in opposizione a quanto si immagina sia il mondo sottostante che pure è intuibile. Non pareti ma piani trasparenti, lastre pro-vocanti, in-vocanti e re-vocabili cui viene affidato il compito dell’apparire o del non apparire in un pulsare antico che evoca spazi di natura più propriamente “sacra” all’interno dei quali l’accadente o l’accaduto abbandonano i modi della necessità per acquisire l’indifferente raffigurazione del Tragico.

(Menzione d’onore)
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